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Trigenerazione per la produzione di energia frigorifera

Alla base del funzionamento di un Co-Trigeneratore sta un motore endotermico (un motore a pistoni, mentre più raramente, per le applicazioni di nostro interesse, una turbina a gas). Il vapore e l'acqua surriscaldata vengono prodotti sfruttando il calore ad a alta temperatura che viene estratto dai fumi di scarico del motore, difficile però da ottenersi in quantità significativa con un motore endotermico. Ben maggiore quantità (più della metà del calore prodotto dall'impianto) deriva dall'acqua di raffreddamento del motore, quindi prossima ai 90°. La cogenerazione è la produzione combinata di energia elettrica e termica. La sua estensione alla produzione di energia frigorifera prende il nome di Trigenerazione e trova applicazione in tutte quelle realtà in cui il calore reso disponibile dal cogeneratore non viene sfruttato dal processo produttivo o avviene soltanto parzialmente.

A seguito di un attento studio di fattibilità che analizza tutte le necessità termiche di una azienda, ci si può trovare davanti ad un ventaglio di vettori termici che possono essere vapore, acqua surriscaldata, acqua calda e acqua fredda.

Alla base del funzionamento di un Co-Trigeneratore sta un motore endotermico (un motore a pistoni, mentre più raramente, per le applicazioni di nostro interesse, una turbina a gas). Il vapore e l'acqua surriscaldata vengono prodotti sfruttando il calore ad a alta temperatura che viene estratto dai fumi di scarico del motore, difficile però da ottenersi in quantità significativa con un motore endotermico. Ben maggiore quantità (più della metà del calore prodotto dall'impianto) deriva dall'acqua di raffreddamento del motore, quindi prossima ai 90°.

Per sfruttare quindi il calore appieno, bisogna necessariamente trovare un impiego di acqua a temperatura modesta.
Ma nel caso in cui l'acqua calda non venga utilizzata del tutto nel processo industriale o venga utilizzata solo per riscaldamento di ambienti (quindi a bassa temperatura), la si può inviare ad un assorbitore che utilizza questo calore come potenza termica in entrata ed è in grado di generare acqua fredda con un rendimento (grado di sfruttamento del combustibile immesso) decisamente elevato.

Gli assorbitori, apparecchiature già molto collaudate (la loro invenzione risale alla seconda metà dell'800), sono state concepite per essere alimentate con vettori termici piuttosto caldi come vapore o acqua surriscaldata, sfruttando in modo utile cascami termici di processi industriali molto energivori (in origine erano cementifici, acciaierie, vetrerie).
Da qualche decennio gli assorbitori vengono abbinati agli impianti di cogenerazione sfruttando il calore di scarto del motore endotermico acquisendo come vettore in entrata acqua calda a 90°, con il limite di poter produrre acqua fredda ad una temperatura non inferiore a 5°/6°C (assorbitori a bromuri di litio, figura 2).
Diversamente si può dire per gli assorbitori ad ammoniaca, che sono in grado di raggiungere temperature ben inferiori allo zero. Di recente introduzione nelle applicazioni in Europa, dove il mercato aveva dimostrato una certa diffidenza nei loro confronti.

Di fatto, negli ultimi anni, vi è stata una grossa evoluzione sia per gli uni che per gli altri: gli assorbitori a bromuri di litio hanno visto una grossa evoluzione tecnica e sono stati riprogettati per ricevere in entrata acqua calda proprio a 90°; questo upgrade tecnologico, finalizzato all'abbinamento ad impianti di trigenerazione, ha aumentato la resa e soprattutto ha consentito di raggiungere la temperatura minima di 1°C.

Per quanto riguarda gli assorbitori ad ammoniaca, si sono moltiplicate le applicazioni in Italia e in Europa e sono cadute del tutto le diffidenze di mercato che sussistevano fino a pochi anni fa.

Questa innovazione ha rivoluzionato il mondo della trigenerazione perché ha aperto nuovi scenari di mercato soprattutto nel mondo dell'industria alimentare.
Infatti, se per il condizionamento degli ambienti di lavoro, ad esempio, le temperature dell'acqua tipiche degli assorbitori (7°C in uscita e 12°C in entrata), sono del tutto adatti per la maggior parte delle applicazioni industriali (ambienti a 20°C), non sono sufficienti per il gli ambienti dell'industria alimentare, che richiede condizionamenti molto più spinti, con temperature ben più basse, come 12°C del settore delle carni.
Massimo Gozzi - Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano
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