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Considerazioni sul ruolo dell'idrogeno nella transizione energetica in Italia

Una problematica, oggi dibattuta, è se l'idrogeno possa giocare o meno un ruolo in alcuni settori interessati dalla transizione energetica. L'idrogeno non è praticamente presente in natura allo stato libero; non può quindi essere considerato tra i combustibili disponibili in quanto deve essere prodotto utilizzando una fonte primaria di energia, che può essere di tipo fossile o rinnovabile. In un precedente editoriale [1], abbiamo analizzato lo scenario della transizione energetica in Italia fino al 2050, nell'ipotesi di conversione praticamente integrale dei consumi energetici in elettrici.

Uno scenario abbastanza plausibile, considerando che la conversione elettrica dei consumi, sarà spinta dallo sviluppo a tappeto delle fonti rinnovabili per raggiungere gli obbiettivi di totale decarbonizzazione per la metà del secolo in corso (fig. 1).

Secondo il documento citato, la domanda nazionale di elettricità al 2050 crescerà quindi fino a 670 TWh, rispetto ai circa trecento
di oggi. Si tratta sostanzialmente di energia elettrica rinnovabile, anche se una quota relativamente limitata potrebbe derivare ancora dalle fonti fossili, nel caso si riesca a implementare efficacemente la cattura e il sequestro dell'anidride carbonica emessa.

È comunque prevedibile che il vettore energetico di riferimento sarà rappresentato dall'elettricità. Una problematica, oggi dibattuta, è se l'idrogeno possa giocare o meno un ruolo in alcuni settori interessati dalla transizione energetica.

L'idrogeno non è praticamente presente in natura allo stato libero; non può quindi essere considerato tra i combustibili disponibili in quanto deve essere prodotto utilizzando una fonte primaria di energia, che può essere di tipo fossile o rinnovabile.

Le proprietà dell'idrogeno sono riportate nella tabella 1 e confrontate con quelle del gas naturale, da cui risulta una profonda differenza dal punto di vista chimico fisico ed energetico. Dalla tabella emerge che l'idrogeno rispetto al gas naturale ha una velocità di fiamma molto più elevata, un potere calorifico per unità di massa più che triplo, ma una massa volumica molto più bassa a parità di pressione.

Questo fa sì che il suo contenuto energetico a parità di volume e di pressione sia notevolmente più basso, il che pone maggiori problemi per quanto riguarda lo stoccaggio e la distribuzione se si vogliono utilizzare per questo gas le stesse infrastrutture usate per il gas naturale.

La produzione dell'idrogeno può essere effettuata principalmente attraverso i seguenti processi: reforming del metano, gassificazione / pirolisi del carbone e di altri combustibili fossili o rinnovabili come le biomasse, elettrolisi dell'acqua e scissione termica dell'acqua, con l'impiego di energia solare ad alta temperatura.

Le prime due tecnologie, basate sulla conversione termochimica, producono anidride carbonica per cui l'idrogeno prodotto viene classificato col termine "grigio", eccetto nel caso in cui si pratichi il sequestro della CO2 e in tal caso l'idrogeno viene definito "blu".

L'idrogeno prodotto per elettrolisi viene considerato "verde", se il processo è alimentato da elettricità da fonti rinnovabili. Infine l'idrogeno prodotto da elettricità generata da impianti nucleari, viene definito "viola". L'ultima delle tecnologie citate, cioè la temo scissione solare dell'acqua produce idrogeno verde ma, seppur la più attraente, non è ancora giunta a livello industriale.

Ai fini della decarbonizzazione del sistema energetico, l'unica possibilità di impiego è quella dell'idrogeno verde, quindi attraverso l'elettrolisi, oppure mediante la conversione termochimica delle biomasse, per la produzione di combustibili verdi, su cui si sta lavorando con buone prospettive.

Dal rapporto IEA Idrogeno 2022, emerge che Il consumo globale di idrogeno nel 2021 è stato di 94 Mt di cui lo 0,7% da fossili con CCUS (Carbon Capture Utilization Storage) e lo 0,04% per elettrolisi.

Al 2030 il consumo raggiungerà 115 Mt (10 Mt da fossili con cattura e 14 Mt da elettrolisi); Il rapporto stima che al 2026 saranno in funzione elettrolizzatori per 17 GW, rispetto ai 0,3 GW del 2020 e ai 0,5 di fine 2021. Al 2030 potranno raggiungere 135 GW e a lungo termine i 260 GW. Le potenzialità attuali degli impianti più grandi vanno da 1 a 10 MW.

Il costo dell'idrogeno immediatamente a valle dell'elettrolizzatore sarà al 2030 poco più di 1 $/kgH2, ovvero 30 $/MWh. I costi degli elettrolizzatori decrescono con la potenza (da 5 a 100 MW) fino a 1/3.

Con il crescere del numero di questi impianti, previsto dal 2020 al 2030, il costo a parità di potenza si dimezza e l'efficienza aumenta dal 64 al 69%. Il costo di un elettrolizzatore di grande taglia si aggirava nel 2020 tra i 1400 e i 1700 $/kW, per le due soluzioni AEC (Cella elettrolitica alcalina) e PEM (Membrana a scambio protonico), scendendo rispettivamente a 730 e 830 $/kW nel 2030.

Per quanto riguarda il trasporto dell'idrogeno, il blending con metano al 10% o addirittura al 20%, a parte i problemi di sicurezza e i conseguenti necessari interventi sulle pipeline, comporta una diminuzione del 7% o 14% del potere calorifico.

Nel caso si possa veicolare solo idrogeno (100%) nei metanodotti, sempre risolti i problemi di sicurezza, alle stesse pressioni di
esercizio, l'energia trasportata scenderebbe a 1/3 (tabella 1). Lo stoccaggio rappresenta una criticità cruciale per la penetrazione dell'idrogeno nel settore energetico a causa della sua bassa massa volumica (tabella 1).

Tra le varie tecnologie di stoccaggio, di tipo gassoso in altissima pressione o liquido a bassissima temperatura, la conversione in ammoniaca rappresenta in prospettiva la soluzione più praticabile.

L'ammoniaca, con idrogeno da elettricità rinnovabile, può essere utilizzata come accumulatore di energia, in quanto facilmente immagazzinabile come liquido a pressioni modeste, o refrigerata a -33° C, al contrario dell'idrogeno liquido che richiede condizioni criogeniche di -253 °C.

È molto meno energivora, ma, nonostante sia tossica, è anche molto meno infiammabile dell'idrogeno. Stoccata in grandi serbatoi refrigerati, l'ammoniaca è già trasportata in tutto il mondo da pipeline, autocisterne e navi. Questo la rende un deposito chimico ideale per le energie rinnovabili.

L'Oxford Institute of Energy Studies in un rapporto del 2020 afferma che per lo stoccaggio di energia su larga scala e a lungo termine l'ammoniaca liquida è da preferirsi. Come carburante a zero emissioni l'ammoniaca può essere bruciata in un motore o utilizzata in una cella a combustibile per produrre elettricità.

L'Agenzia internazionale per l'energia in un rapporto del 2021 stima che per raggiungere zero emissioni entro il 2050, i carburanti a base di idrogeno - compresa l'ammoniaca - dovranno rappresentare il 30% dei carburanti per i trasporti entro tale data.

Se le auto saranno essenzialmente elettriche e gli aerei utilizzeranno i biocarburanti, l'ammoniaca rappresenterà un'opportunità per la propulsione del trasporto navale a zero emissioni, attualmente responsabile del 3% delle emissioni globali, ma destinato a crescere soprattutto nel settore delle merci.

Per quanto riguarda l'Italia, il position paper di SNAM [2] fa il punto sui possibili impieghi dell'idrogeno, in un arco di tempo che va da oggi al 2050. Il documento prevede un ruolo che interessa diversi ambiti, consentendo di ridurre / eliminare le emissioni da combustibili fossili in settori quali la chimica, la raffinazione, la siderurgia, i trasporti, l'energia.

In particolare, per quanto riguarda i trasporti, il vettore elettrico basato sulle batterie, è poco praticabile per questioni di ingombro nei trasporti pesanti, in particolare quelli marini; è quindi prevedibile un impiego dell'idrogeno in questo ambito.

Nel settore dell'energia con riferimento alla generazione elettrica rinnovabile, l'idrogeno, se si esclude completamente il contributo delle fonti fossili, può assolvere alla funzione indispensabile di accumulo energetico nel bilanciamento stagionale, impraticabile con l'uso delle batterie.

Complessivamente la road map prevede una crescita dai 16 TWh annui del 2019 ai 29 TWh del 2030, fino ai 218 TWh all'anno nel 2050, come mostrato in figura 2. Il documento della SNAM prevede anche un elevato impiego dell'idrogeno negli edifici, anche se in questo settore l'uso delle pompe di calore appare senz'altro più efficiente, sicuro e meno costoso.

Come si è già sottolineato il problema è rappresentato dal fatto che l'idrogeno non esiste in natura e va prodotto per elettrolisi e immagazzinato in forma gassosa, liquida o solida come idruri, con un rendimento anche in prospettiva non superiore al 70, con perdite aggiuntive dell'ordine del 15% per lo stoccaggio in fase gassosa; proprio per questo la sopra citata tecnologia di accumulo attraverso l'ammoniaca, può rappresentare una soluzione di grande interesse.

Per realizzare il programma suddetto, occorre realizzare una colossale quantità di elettrolizzatori, con una intensa tendenza di crescita di qui al 2050, rappresentato in figura 3.

In allegato, è possibile scaricare il pdf completo dell'editoriale.
Franco Donatini, Già responsabile Politiche di Ricerca e Sviluppo Rinnovabili di ENEL - La Termotecnica
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