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Tv Mivar: Sono Ancora In Produzione?


del_user_83838

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del_user_83838

Alcuni mesi fa in alcun TG e sui giornali s'era parlato della decisione presa da Carlo Vichi di sospendere la produzione di TV Mivar causa concorrenza con le multinazionali estere.

Guardando il sito Mivar vedo ancora alcuni modelli di lcd, tra l'altro esteticamente anche piacevoli.

La produzione è già stata sospesa o Vichi ha avuto un ripensamento?

Non conosco la qualità degli lcd Mivar: mi è capitato di vederne alcuni usati come monitor regia in una TV locale, e non mi parevano malaccio...se non altro non peggio di molta paccottiglia cinese.

Il problema è che, almeno qui a Torino, nelle grande distribuzione sono introvabili: l'unico modo per acquistarli è, credo, rivolgendosi ai rappresentanti...facendo così però non penso sia possibile vedere in funzione questi apparecchi. Tra l'altro un 32 pollici Mivar quanto costa/costava? Con circa 300€ se ne acquista già uno di marca.

Da ragazzino in montagna avevo un TV Mivar: era uno dei primi TV color, senza telecomando di colore rosso. Se ricordo male c'erano anche bianchi e il classico nero.

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Produzione sospesa, probabile abbiano scorte di magazzino da esaurire. Assicurano le garanzie. Anche la RAI ha sempre utilizzato Mivar. Un vero peccato.

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Carlo Albinoni

Si. Mivar ha dichiarato che andrà avanti per dieci anni (!!!) vendendo le scorte e fornendo assistenza sul venduto in garanzia o fuori garanzia.

Il problema è che, almeno qui a Torino, nelle grande distribuzione sono introvabili: l'unico modo per acquistarli è, credo, rivolgendosi ai rappresentanti...facendo così però non penso sia possibile vedere in funzione questi apparecchi.

Sia a Milano via Bergognone sia ad Abbiategrasso puoi recarti direttamente in Mivar. Altrove non lo so.

Modificato: da Carlo Albinoni
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del_user_83838

Si. Mivar ha dichiarato che andrà avanti per dieci anni (!!!) vendendo le scorte e fornendo assistenza sul venduto in garanzia o fuori garanzia.

Immagino non venderà scorte per 10 anni....anche perché sarebbero prodotti quanto meno obsoleti.

La nuova produzione avverrà sempre con marchio Mivar?

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Carlo Albinoni

Anche io dubito sui 10 anni!

Del resto Vichi è un arzillo 90 enne.

Il marchio sarà sempre Mivar: non c'è alcuna nuova produzione, gli ultimi pezzi sono stati messi a magazzino poche settimane fa.

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del_user_83838

Del resto Vichi è un arzillo 90 enne.

Quando dovesse passere a miglior vita (spero il più tardi possibile) la Mivar a chi passerà? Ha figli, nipoti che possano subentrargli?

Il marchio sarà sempre Mivar: non c'è alcuna nuova produzione, gli ultimi pezzi sono stati messi a magazzino poche settimane fa.

Io avevo letto che cessavano la produzione degli lcd ma continuavano la produzione di mobili/tavoli: per quello domandavo del marchio.

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Carlo Albinoni

Quando dovesse passere a miglior vita (spero il più tardi possibile) la Mivar a chi passerà? Ha figli, nipoti che possano subentrargli?

Pare che con i figli abbia "rotto" da anni (comprensibile: forse avrebbero preferito che il Vichi chiudesse e salvasse il patrimonio diversi anni fa anzichè continuare a fabbricare televisori in perdita per tenere viva l'azienda).

Pare anche che abbia già sistemato tutto con il testamento (qualche dipendente più fedele? beneficienza? parenti?...).

Comunque ci si riferisce alla destinazione del suo cospicuo patrimonio, tra cui due moderni stabilimenti, ma non dell'attività produttiva ormai chiusa.

Io avevo letto che cessavano la produzione degli lcd ma continuavano la produzione di mobili/tavoli:

Sì, certo verranno costruiti a Verbania. Credi veramente ad un reale progetto industriale?

E' solo l'ultimo passatempo di Vichi, dopo che ha smesso con il televisori, per riempire le sue giornate in fabbrica e dei pochissimi dipendenti rimasti.

Certo, un bel tavolo marchiato Mivar potrebbe diventare un oggetto di culto!

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Carlo Albinoni

Dei parecchi articoli su Carlo Vichi e sulla Mivar il seguente è uno dei più azzeccati.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/17/carlo-vichi-la-mivar-e-la-dura-vita-di-un-imprenditore-contro/746753/

Carlo Vichi, la Mivar e la dura vita di un imprenditore-contro

di Sergio Noto | 17 ottobre 2013

Ho avuto la fortuna di incontrare Carlo Vichi pochi giorni fa, grintosissimo come sempre, a dispetto dei suoi 90 anni e delle tante battaglie sulle spalle. Per i pochissimi che non lo sapessero o non avessero mai posseduto un televisore Mivar, Vichi è stato il fondatore (1945) della più grande industria italiana produttrice di apparecchi televisivi, ora in quel di Abbiategrasso, la Mivar appunto, che in questi giorni chiude definitivamente i battenti. Una storia che vale la pena raccontare, anche se priva di lieto fine, perché è esemplare di quali siano le condizioni in cui nel nostro paese si fa impresa. Perché ci si ricordi che in Italia ci sono i Riva, i De Benedetti, i Colaninno, gli Agnelli, i Tronchetti Provera, ma ci sono anche – grazie a Dio! – i Carlo Vichi e molti altri imprenditori dalla schiena dritta che non pagano tangenti, non fanno affari strani, non cercano di affermarsi intrecciando rapporti e hanno vita durissima.

La sua è una storia di imprenditore-contro. Storia di grandissimo successo, di straordinaria personalità, ma «in direzione ostinata e contraria» sempre, altro che le canzoni di Fabrizio de André. Contro le banche, alle quali non ha mai chiesto un quattrino, al punto che il signor Vichi non conosce assegni e carte di credito, solo contanti. Contro i confindustriali, che non ha mai sopportato e dei quali ha cessato ben presto di far parte. Contro i politici, che odia con tutte le sue forze al punto da travestirsi da fascista (che non è!) pur di gridare il suo disgusto. Contro i sindacati, che sopratutto negli anni caldi, ovviamente non hanno reso la vita facile a un tipo così spigoloso. Perfino contro i parenti e i figli, che, come nel caso dei discendenti svedesi del fondatore di Ikea, hanno dovuto guadagnarsi la pagnotta da soli.

La Mivar era Carlo Vichi e Carlo Vichi era la Mivar. La Mivar era un’azienda con un’impronta inusuale di capitalismo italiano, come lo immaginava il suo fondatore: più povero, più semplice, ma con idee forti. I suoi televisori erano interamente prodotti ad Abbiategrasso, niente assemblaggio. Non erano tecnologicamente i più avanzati, non erano nemmeno i più belli, ma costavano meno, erano di ottima qualità, affidabili e per questo amatissimi dai consumatori. Vichi non ha mai speso una sola lira di pubblicità e con il marketing ha rapporti del tipo i gatti con l’acqua. Ciononostante alla fine degli anni Ottanta produceva quasi 400 mila televisori e nel 2000 arrivò a detenere quasi il 35% del mercato nazionale con oltre 350 miliardi di lire di fatturato. La sua cifra innovativa stava nel processo produttivo, assolutamente originale e redditizio.

Carlo Vichi non è un pazzo di successo (nonostante i rovesci, non c’è dubbio che il saldo contabile della sua vita sia ampiamente attivo, per sè e per i suoi successori). È solo un imprenditore che per imporsi, senza sottostare alle regole collusive del capitalismo italiano, per poter mettere in pratica le sue idee imprenditoriali (legittimamente), ha dovuto andare contro tutti, al punto che l’opposizione da episodica e tattica, è divenuta radicale e strategica, da abito si è trasformata in pelle, è assunta a mezzo per sopravvivere, per non soccombere, a deformazione innaturale e indotta dal distorsivo ambiente delle imprese italiane. Vichi era un puro. Un semplice che ha dovuto perdere rapidamente la sua purezza, la sua semplicità per non scomparire.

Ora è finita, quello che non ha distrutto l’Italia, l’ha distrutto il mercato globale, dove lui non poteva più resistere con i bassissimi costi di produzioni di coreani e cinesi. Ad Abbiategrasso la fabbrica chiuderà, ma di lui resterà molto. Di sicuro resterà il suo «mausoleo», la grande modernissima fabbrica per oltre 1000 operai, pensata negli anni ’90, completata nel 2000, pagata di tasca sua senza nemmeno un centesimo di mutuo e mai inaugurata. E che lui ha sempre tenuto in funzione, in ordine, come se dovesse iniziare la produzione ogni prossimo giorno, continuando a pagare centinaia di migliaia di euro di Imu e tasse varie.

Carlo Vichi vorrà morire nella sua fabbrica, al suo tavolo, in mezzo agli operai. Lui non ha mai avuto un ufficio da Ceo. È sempre stato il «padrone», ma in mezzo ai suoi operai; uno di loro, anche se di grado superiore. Vecchio e nuovo hanno cercato di fondersi in una battaglia che ha combattuto con onore, ma forse non ha vinto. Il peso delle scassate e corrotte consuetudini imprenditoriali di questo strano paese resteranno per sempre la cicatrice delle sue rughe intorno ai suoi occhi azzurri.

Modificato: da Carlo Albinoni
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Carlo Albinoni

Anche questo.

http://www.ilgiorno.it/legnano/cronaca/2013/10/11/963845-mivar-chiusa-abbiategrasso-vichi.shtml

Televisori Mivar: fine dei programmi il 30 novembreChiude la storica azienda abbiatense. La Mivar nacque nel 1945. All'inizio Vichi si dedicò alla produzione di radio. Un milione di televisori l'anno nel periodo di maggiore produttività

di Michele Azzimonti

Abbiategrasso, 11 ottobre 2013 - «Mivar ormai è finita». Carlo Vichi è seduto alla scrivania nel reparto in cui ha radunato le ultime due linee produttive, magazzino, centro assistenza tecnica e una carpenteria in cui costruisce nuovi tavoli ergonomici ideati da lui stesso. Alla sua sinistra campeggia su un armadietto la foto del suo idolo di sempre: Benito Mussolini. Sulla scrivania l’ultima passione: un libro di Weinberg sulla nascita dell’universo e un libro di astronomia.

Quasi come un condottiero alla fine di una battaglia campale, il padre padrone dell’azienda di via Dante pronuncia con pacatezza quelle parole che nessuno avrebbe mai voluto udire: «Mivar non esiste più». La produzione dei televisori cesserà presto, alla fine di novembre. Al massimo a dicembre.

«Tutto finirà quando avremo esaurito i rifornimenti di componenti. Allora in fabbrica rimarranno alcuni dipendenti impiegati nell’assistenza tecnica e nella manutenzione della fabbrica. In tutto 7 o 8 persone. Gli altri andranno in mobilità». Anche adesso, a 90 anni, negli occhi di Vichi si legge la fierezza di un imprenditore che ha saputo creare dal nulla uno dei miti del made in Italy. Negli anni d’oro per il marchio Mivar lavoravano circa 700 dipendenti e le linee di produzione sfornavano quasi un milione di televisori l’anno. Un record che permetteva a Mivar di contendere il mercato italiano del tv color a colossi come Sony, Philips e Grundig. Ora nell’ultimo fortino in cui Vichi ha radunato i pochi operai rimasti troneggiano pile di televisori invenduti: almeno 26mila.

«Ho resistito finché ne ho avuta la forza. Sempre pagando di tasca mia e senza fare debiti con nessuno. Dal 2000 a oggi ho speso 100 milioni di euro per tenere in vita l’azienda. Non mi pento di nulla. È stato giusto così». Vichi, che ha iniziato la sua attività a Milano costruendo apparecchi radio nella camera da letto che divideva con sua moglie, lascia due grandi fabbriche: la sede attuale e un complesso industriale all’avanguardia completato nel 2000. Non è mai entrato in funzione. «È un complesso industriale unico al mondo, in futuro saranno tutti così», dice con orgoglio Vichi. Che a 90 anni vuole continuare a lavorare: «Per chi ha capito cos’è la vita, la vacanza è una divagazione pericolosa».

Così ha messo in piedi un piccolo reparto in cui vengono prodotti i suoi nuovi tavoli ergonomici. Entreranno mai in produzione? «Mivar cambierà di significato. Non più Milano Vichi Apparecchi Radio, ma Milano Vichi Arredamenti Razionali. Le piace?». Alla nuova passione per i mobili, che non usciranno dal perimetro della Mivar, Vichi ha affiancato lo studio della fisica, dell’astronomia. E della vita nell’aldilà: «Di noi rimarrà solo lo spirito e riusciremo a riconoscerci l’un l’altro per tutto quello che abbiamo fatto in vita. Così conoscerò anche Hitler».

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Carlo Albinoni

Corriere della Sera, martedì 24 dicembre
Abbiategrasso .Mivar: <<Resta aperta altri 10 anni>>

Un televisore 26 pollici, a led. Firmato sullo schienale da Carmen, Antonella, Fausta, Patrizia, Elisabetta, Valeria Le ultime sei operaie che componevano la linea produttiva che lo ha montato. Negli anni Sessanta, i dipendenti della Mivar erano quasi novecento. Venerdì scorso, la produzione si è fermata, per sempre. Il televisore italiano non esiste più. Degli ultimi 49 dipendenti, la maggior parte ha ricevuto la lettera di mobilità A lavorare ne resteranno poco più che una decina. Perché la Mivar non chiude, ribadisce con la solita tempra il patron Carlo Vichi, 91 anni tra pochi mesi. «Vuole garantire la manutenzione ai clienti per almeno dieci anni, sia sugli apparecchi a tubo catodico che su quelli di ultima generazione», spiega Mario Erb, uno dei tecnici. Sul futuro, Vichi ha le idee chiare: <<Chi si ferma muore, chi si ferma è perduto». E fra un trattato e l'altro sulla <<Proletarchia» che ha rovinato l'Italia, sulla sua scrivania schizza i disegni di tavoli con le sedie scorrevoli, adatti a mense aziendali, stazioni o luoghi simili. «Li produrranno artigiani in Verbania>>, spiega Ma Vichi ha in mente anche un altro colpo di scena, già confidato agli amici più intimi. Se la Mivar vecchia ha esaurito la sua storia, c'è la Mivar nuova, lo stabilimento sul Naviglio Grande, mai utilizzato, che può avere un futuro. E il patron è disposto a darlo in comodato a un'altra azienda senza pretendere affitti, purché in Italia si continui a fare elettronica. Chissà se qualcuno si farà avanti. Quello è un santuario, è la più grande fabbrica mai costruita, magari fra un secolo sarà degli americani.«L'Italia ormai è morta, oggi sta in piedi con il capitale delle aziende, no, voi non potete capire», ripete Vichi ai visitatori tra un sorriso e uno scatto d'ira. Chissà se accetterà di mettere la sua creatura in mani altrui: A fargli visita, nell'ultimo giorno della Mivar, c'era anche l'ingegner Fabrizio Castoldi, patron della Bcs, azienda che impiega 700 dipendenti e che si trova proprio di fronte alla nuova Mivar. Anche i suoi discorsi sono amari. In Italia non ci sono due aziende che pagano la stessa percentuale di tasse spiega Castoldi. Noi siamo vicini all'80 per cento. Ho calcolato che, se ci trasferissimo in Svizzera, scenderemmo al 32. A essere penalizzate sono proprio quelle che impiegano più persone. Un imprenditore oggi o si toglie la vita, o delocalizza, oppure chiude. In queste settimane, Vichi riceveva decine di email e lettere da clienti e appassionati. Li faceva rintracciare dai dipendenti e telefonava personalmente, per ringraziare. Ma guai a dirgli che copiava papa Francesco. Venerdì scorso, sono stati prodotti gli ultimi 150 televisori. A consegnare l'ultimo nelle mani di Vichi è stata Antonella Bozza, 54 anni, che proprio venerdi compiva 37 anni di Mivar. Azienda dove lavorava anche suo marito Claudio, come tecnico. «Ho fatto tutto quello che ho potuto», ha mormorato Vichi, emozionato. Niente discorsi. Strette di mano, abbracci, la foto di gruppo e il regalo, inaspettato, di un televisore a testa. <<Poi siamo uscite tutte dal cancello con le lacrime agli occhi>>, racconta Antonella. All'ingresso del reparto 11 manutenzione restano appesi gli orari dei tre turni: dalle 6, dalle 14 e dalle 22. Da troppi anni alla Mivar non se ne facevano più. Oggi l'azienda pagava i componenti da assemblare tanto quanto la concorrenza fa pagare un televisore già pronto.
Giovanna Maria Fagnani

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del_user_83838

Un televisore 26 pollici, a led. Firmato sullo schienale da Carmen, Antonella, Fausta, Patrizia, Elisabetta, Valeria Le ultime sei operaie che componevano la linea produttiva che lo ha montato

E' stato messo in vendita?

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Riccardo Ottaviucci

Conoscendo di fama il Vichi

mi pare di averlo già scritto che l'ho anche conosciuto di persona nel '78 quando l'Agenzia Mivar della mia regione mi mandò per un aggiornamento ad Abbiategrasso (tutto spesato).

Persona burbera ma tutto sommato gentile e molto alla buona,veniva alla mensa aziendale in camice con tutti gli operai e si siedeva fra loro,insieme a qualche tecnico dell'Ufficio progettazione.

Poi di nuovo in fabbrica,mi è rimasta ancora impressa l'immagine di lui che osservava a mo' di Sherlock Holmes i pixel del nuovo cinescopio a delta da 26" commentando a bassa voce chissà cosa...poi un giro tra le linee di produzione affollatissime di donne e ogni tanto una capatina nei laboratori di assistenza dove facevamo il corso di aggiornamento.

Una figura silenziosa che ha contribuito al successo del made in Italy e che ora stiamo perdendo,anche a causa di coloro che Vichi ha strenuamente combattuto; non dico chi,ma lo immaginate :whistling:

Modificato: da Riccardo Ottaviucci
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del_user_83838

Va reso merito a Vichi: avrebbe potuto cedere il marchio a qualche multinazionale straniera, come hanno fatto molti altri produttori europei, che avrebbero continuato la produzione all'estero, riducendo la qualità del prodotto. Ha voluto resistere fino in fondo, combattendo contro le multinazionali asiatiche, continuando a mantenere la produzione in Italia: sarebbe stato più facile ed economico trasferire la produzione in paesi dove il costo del lavoro è minore, e continuare al vedere in Italia...cosa fatta da molte aziende...invece ha voluto rimanere qui ed ecco il ringraziamento.

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Carlo Albinoni

Sicuramente.

Una cosa deve essere chiara: a Vichi non interessava il guadagno (e nemmeno la perdita).

A lui interesseva tenere in vita l'azienda a qualuque costo (be', poteva permetterselo).

Per passione, per affetto ai suoi dipendenti (almeno alcuni di essi), per mania di potere, perchè non aveva altre soddisfazioni dalla vita.

Altri ricconi si fanno le ville, le auto di lusso, le vacanze esotiche. Lui niente di tutto questo: per lui la passione era andare tutti i giorni al mattino presto al lavoro, da lunedì a sabato. E la domenica a casa a vedere la televisione! Anche a 91 anni.

Da un punto di vista economico la Mivar degli ultmi anni è stata fallimentare. Da altri punti di vista.... no.

Modificato: da Carlo Albinoni
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Se mi permettete voglio dire anche la mia!

Mivar sarà : Mi milano V vendita A Arredamenti R razionali.

Prima era : Mi milano V vendita A Apparecchi R radio.

Con cio' Mivar a cessato la produzione di led a fine Dicembre!

Non dimentichiamo che dentro alla Mivar, hanno lavorato e qualcuno sta ancora lavorando , delle persone ottime a cui io sono particolarmente legato.

Ringrazio queste persone che hanno fatto di Mivar quello che è stata.

Quindi Ringrazio in modo particolare tutte quelle figure ,magari nell'ombra, che hanno dato tanto . Tanto lavoro , tanto cuore ,tanto amore in ciò che facevano.

Queste persone si stanno nuovamente mettendo in gioco . Magari non con un marchio affermato come Mivar. ma ci provano.

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Carlo Albinoni

Prima era : Mi milano V vendita A Apparecchi R radio.

Per la verità è:

MIlano Vichi Apparecchi Radio.

In origine, prima di arrivare a Milano, era semplicemente VAR e faceva il terzista per Grundig e altri.

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