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Intelligenza artificiale: una risorsa che accelera la sostenibiltà e avvicina il domani
È un'abitudine, per chi si è occupato per tanti anni di normazione tecnica, affrontare gli argomenti, scorrendo anche gli standard che li trattano. In questo caso, discutere il ruolo e il contributo dell'Intelligenza Artificiale alla sostenibilità dello sviluppo, considerando la definizione della prima. Quella data due anni fa dall'ISO che la indica come la capacità di un sistema informatico di esprimere attitudini proprie dell'uomo, quali il ragionamento, l'apprendimento, la pianificazione e la creatività. Ovvero l'abilità di strumenti fisici, cioè di hardware, di seguire istruzioni fornite da algoritmi, ossia da software, che consentono al sistema, nel suo insieme, di ragionare, imparare, programmare e agire in modo simile a come opera l'intelligenza umana.
Ciò, però, sulla base di analisi molto più veloci di dati, a loro volta altrettanto più numerosi, di quanto sappia fare l'uomo.
Naturalmente, la nostra intelligenza dispone di molte altre capacità.
La possibilità di emozionarsi, dell'empatia, dell'intuizione, della serendipity, della curiosità, del pensiero critico, di costruire fiducia, di assumere decisioni morali complesse, di sapersi adattare ai rapidi, differenziati cambiamenti del mondo esterno con nuove soluzioni non basate solamente sui dati pregressi, ecc..
Doti difficili (o impossibili) da raggiungere e conseguire dall'Artificial Intelligence. Ma, l'AI, già nei suoi primi prototipi e applicazioni, per le quali, oltretutto, è nata, ha esibito in vari casi validità e bravure molto superiori all'intelligenza umana, tra cui la rapidità, a volte l'immediatezza, con cui riesce a risolvere espressioni e questioni matematiche.
Supporti che l'umanità ha ricercato costantemente nei vari campi del suo operare, teso da tempo immemore a superare i propri limiti, realizzando strumenti di crescente complessità.
Adesso, si può dire, al confine di quanto fino a pochi anni fa sembrava possibile, se non immaginabile.
Un futuro, in parte già presente, assicurato da mezzi che leggono e percepiscono l'ambiente con sensori sempre più raffinati, rilevando e processando dati che misurano e leggono l'esterno nel suo intimo con un'intensità in costante aumento.
In questo modo, potendo agire su di esso con una conoscenza, quindi, con un'intelligenza, che cresce progressivamente.
Perché il monitoraggio degli eventi registra la cronologia di tutti i rilievi effettuati da ciascun sensore e si traduce in una sequenza di dati, la cui elaborazione, confrontata con le informazioni immagazzinate nella memoria, specifica le azioni da compiere, indicando il comportamento da adottare.
Attuando, così, la potenzialità insita nell'AI di interpretare, per non dire di capire, le situazioni che ci circondano in misura più estesa e profonda, di attribuire loro un significato e di scegliere cosa è meglio fare sulla base dell'esperienza accumulata.
Imitando e amplificando in tal senso i processi con cui opera la nostra intelligenza con la creazione e l'applicazione di algoritmi avanzati che assicurano le facoltà crescenti di pianificare, risolvere problemi, apprendere rapidamente e apprendere dall'esperienza, fino a quelle di ragionare, pensare in maniera astratta, comprendere idee complesse.
Un lungo percorso, che parte dagli antichi abachi meccanici, utilizzati per effettuare le operazioni matematiche già nel XX° secolo a.C., poi concretamente immaginato, con fantastica lungimiranza, nel secolo dei lumi, in un'epoca nella quale si riteneva di poter meccanizzare tutto, compreso il ragionamento deduttivo (fig.1 nel PDF).
Ciò, sulla base del principio della "ragion sufficiente", detto anche della "ragione determinante", ovvero di una ragione che da sola è sufficiente a spiegare una realtà di fatto.
Un assioma secondo il quale, per il matematico e filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) e altri pensatori, è ipotizzabile l'esistenza di un nesso razionale e causale che regola tutto quanto accade. Premessa e substrato del cammino, iniziato effettivamente molti anni dopo, nel '900, che ha sostanziato e su cui si è mosso lo sviluppo dell'informatica.
Continua nel PDF
Ciò, però, sulla base di analisi molto più veloci di dati, a loro volta altrettanto più numerosi, di quanto sappia fare l'uomo.
Naturalmente, la nostra intelligenza dispone di molte altre capacità.
La possibilità di emozionarsi, dell'empatia, dell'intuizione, della serendipity, della curiosità, del pensiero critico, di costruire fiducia, di assumere decisioni morali complesse, di sapersi adattare ai rapidi, differenziati cambiamenti del mondo esterno con nuove soluzioni non basate solamente sui dati pregressi, ecc..
Doti difficili (o impossibili) da raggiungere e conseguire dall'Artificial Intelligence. Ma, l'AI, già nei suoi primi prototipi e applicazioni, per le quali, oltretutto, è nata, ha esibito in vari casi validità e bravure molto superiori all'intelligenza umana, tra cui la rapidità, a volte l'immediatezza, con cui riesce a risolvere espressioni e questioni matematiche.
Supporti che l'umanità ha ricercato costantemente nei vari campi del suo operare, teso da tempo immemore a superare i propri limiti, realizzando strumenti di crescente complessità.
Adesso, si può dire, al confine di quanto fino a pochi anni fa sembrava possibile, se non immaginabile.
Un futuro, in parte già presente, assicurato da mezzi che leggono e percepiscono l'ambiente con sensori sempre più raffinati, rilevando e processando dati che misurano e leggono l'esterno nel suo intimo con un'intensità in costante aumento.
In questo modo, potendo agire su di esso con una conoscenza, quindi, con un'intelligenza, che cresce progressivamente.
Perché il monitoraggio degli eventi registra la cronologia di tutti i rilievi effettuati da ciascun sensore e si traduce in una sequenza di dati, la cui elaborazione, confrontata con le informazioni immagazzinate nella memoria, specifica le azioni da compiere, indicando il comportamento da adottare.
Attuando, così, la potenzialità insita nell'AI di interpretare, per non dire di capire, le situazioni che ci circondano in misura più estesa e profonda, di attribuire loro un significato e di scegliere cosa è meglio fare sulla base dell'esperienza accumulata.
Imitando e amplificando in tal senso i processi con cui opera la nostra intelligenza con la creazione e l'applicazione di algoritmi avanzati che assicurano le facoltà crescenti di pianificare, risolvere problemi, apprendere rapidamente e apprendere dall'esperienza, fino a quelle di ragionare, pensare in maniera astratta, comprendere idee complesse.
Un lungo percorso, che parte dagli antichi abachi meccanici, utilizzati per effettuare le operazioni matematiche già nel XX° secolo a.C., poi concretamente immaginato, con fantastica lungimiranza, nel secolo dei lumi, in un'epoca nella quale si riteneva di poter meccanizzare tutto, compreso il ragionamento deduttivo (fig.1 nel PDF).
Ciò, sulla base del principio della "ragion sufficiente", detto anche della "ragione determinante", ovvero di una ragione che da sola è sufficiente a spiegare una realtà di fatto.
Un assioma secondo il quale, per il matematico e filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) e altri pensatori, è ipotizzabile l'esistenza di un nesso razionale e causale che regola tutto quanto accade. Premessa e substrato del cammino, iniziato effettivamente molti anni dopo, nel '900, che ha sostanziato e su cui si è mosso lo sviluppo dell'informatica.
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Pierangelo Andreini - ATI Associazione Termotecnica Italiana
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