Articolo
Abbiamo abbastanza minerali per la transizione energetica?
Con questo articolo, Teo Lombardo di Liberi Oltre prova a dare la sua opinione riguardo a questa legittima domanda.
1. Di quali minerali abbiamo bisogno per pannelli solari, pale eoliche, elettrolizzatori (produzione idrogeno), batterie, veicoli elettrici, e nucleare? E dove si estraggono/raffinano?
2. Ne abbiamo abbastanza?
3. Quali rischi portano? Di che minerali stiamo parlando? Si va da minerali necessari per tutte le tecnologie citate sopra (rame e acciaio) a minerali usati in una o parte di esse: silicio, litio, nickel, cobalto, manganese, grafite, terre rare, platino/palladio, e uranio. Guardiamoli uno ad uno.
Il rame (21 Mtons nel 2021) è di particolare importanza strategica, quando si parla di elettrificazione.
Metà di questo viene estratto da tre paesi: Cile (25-30%), Perù (10-15%) e Cina (10%). E viene processato per più della metà da: Cina (40%), Cile (10%) e Giappone (5%).
Quindi parliamo di un mercato gigantesco ma anche ben strutturato. Nonostante ciò, la transizione energetica imporrà uno stress notevole: Da qui al 2040, la domanda annua è attesa aumentare fino a 30-35 Mtons (IEA) - ovvero +50/75%.
A questo si aggiunge un problema qualitativo: la qualità del rame che estraiamo oggi è minore di quello di 10-20 anni fa (grafico IEA). Cosa vuol dire? Vuol dire che, per unità di rame (e ne dovremo produrne tanto), dovremmo estrarre di più, generando più scarti. Già oggi questo vuol dire che, per ottenere circa 20 Mton di rame, dobbiamo estrarre più di 2 miliardi di tonnellate (Gton) di minerali.
L'acciaio è indubbiamente uno dei materiali più importante della società moderna, ed il 98% del ferro estratto viene usato per la sua produzione. Proprio per la sua scala, però, è difficile possa costituire un collo di bottiglia per la transizione energetica. La sfida vera per l'acciaio sarà la sua decarbonizzazione (probabilmente, per difficoltà ed importanza, questa sfida viene dopo solo al cemento).
Altresì detto, l'acciaio verde (a idrogeno) è bello, ma ancora molto lontano dalla scala che ci serve. Detto ciò, rimane impressionante vedere quanto la produzione di acciaio sia dominata da un paese, la Cina - non da ultimo grazie/a causa del proprio modello di sviluppo.
Il silicio è un materiale che si trova ovunque (2nd elemento più abbondante nella crosta terrestre, dopo l'ossigeno). Oggi, viene usato nella maggioranza (>90%) dei pannelli solari. Il problema/rischio qui sta nella produzione dei pannelli, ma su questo punto chiave ci torneremo un altro giorno.
Il litio viene estratto per circa (ca.) il 90% da tre paesi - Australia (ca. 50%), Cile (ca.25%) e Cina (ca. 15%) - e viene quasi interamente processato da Cina (ca. 60%), Cile (ca. 30%) e Argentina (ca. 10%). Altresì detto: 3-4 paesi al mondo controllato l'intero mercato del litio.
Oltre a ciò, il litio è il minerale più a rischio, con una produzione cresciuta da 23 kton nel 2010 a 93 kton nel 2021 - e con una crescita attesa (da qui al 2040) tra circa le 5 e le 15 volte (IEA), che fa seguito ad una crescita già di per sé molto notevole negli ultimi anni.
Abbiamo, quindi, abbastanza litio per soddisfare questa domanda crescente? Per rispondere, all'interno dell'articolo, vengono guardati i dati del US Geological Survey (USGS), che nel 2019 censiva riserve di litio per 14 milioni di tonnellate, e risorse per 62 milioni di tonnellate.
Se fissiamo nel tempo la produzione del 2021 (ca. 90 kton) e le riserve citate sopra, avremmo litio a sufficienza per ca. 150 anni. Se, invece, assumiamo la massima produzione attesa nel 2040 (10 volte maggiore), questo numero cala a circa 15 anni. Ora, con questi numeri potrei cercare di gridare all'allarme e dire che l'uso di litio, per come lo si prospetta da qui a soli 2 decenni, semplicemente non è sostenibile.
Ma sarebbe davvero così? Per rispondere a questa domanda, nell'articolo viene visto cosa succede se guardiamo alle riserve e risorse di litio nel 2022 (ovvero dopo tre anni di consumi in più rispetto ai dati di cui sopra), fino ad arrivare al problema che in questo caso non sta nella capacità di trovare abbastanza litio, ma nella capacità di estrarne abbastanza per soddisfare una domanda che è attesa schizzare alle stelle.
In seguito a una panoramica sui diversi minerali, in cui abbiamo visto che:
1) Molti dei minerali necessari per la transizione hanno alti livelli di concentramento geografico, sia per l'estrazione, che per il raffinamento.
2) Per l'estrazione ogni minerale ha caratteristiche a sé, mentre per la raffinazione c'è un chiaro vincitore: la Cina. Questo, da una parte, ha permesso di abbassare i prezzi (cosa di cui beneficiamo tutti), ma dall'altra pone dei rischi geopolitici notevoli.
3) I rischi non sono tanto in termini di quantità assoluta, ma in termini di capacità produttiva sufficiente per soddisfare la domanda (esplosiva) attesa nei prossimi anni, il che richiede di investire (rapidamente) in (molte) nuove miniere.
Quest'ultimo punto ci porta alla domanda finale. Può essere un problema fare tutte queste nuove miniere così rapidamente? Ci sono due aspetti da considerare qui:
1) I danni ambientali e sociali che queste nuove miniere porterebbero a livello globale.
2) I danni ambientali e sociali che queste nuove miniere porterebbero a livello locale.
A livello globale, dobbiamo tenere in mente che la transizione la si fa, in primis, per ridurre fortemente (in principio quasi azzerare) l'uso di combustibili fossili. Di conseguenza, dovremo estrarre molto meno carbone (in primis), petrolio, e gas. Limitandoci al carbone, oggi si estraggono 8 miliardi di tonnellate. Con petrolio e gas si arriva a 15.
Come indicato da @HannahRitchie (dati IEA), avremmo bisogno solo di qualche decina di milioni di tonnellate di minerali per la transizione (nel 2040). Ci sono, però, dei non trascurabili però. Infatti, nonostante sia d'accordo con la discussione generale, c'è comunque un (grosso) problema dietro a questo calcolo: i minerali necessari per la transizione non vengono estratti puri.
In allegato, è possibile scaricare il pdf dell'articolo completo, che comprende anche le conclusioni.
1. Di quali minerali abbiamo bisogno per pannelli solari, pale eoliche, elettrolizzatori (produzione idrogeno), batterie, veicoli elettrici, e nucleare? E dove si estraggono/raffinano?
2. Ne abbiamo abbastanza?
3. Quali rischi portano? Di che minerali stiamo parlando? Si va da minerali necessari per tutte le tecnologie citate sopra (rame e acciaio) a minerali usati in una o parte di esse: silicio, litio, nickel, cobalto, manganese, grafite, terre rare, platino/palladio, e uranio. Guardiamoli uno ad uno.
Il rame (21 Mtons nel 2021) è di particolare importanza strategica, quando si parla di elettrificazione.
Metà di questo viene estratto da tre paesi: Cile (25-30%), Perù (10-15%) e Cina (10%). E viene processato per più della metà da: Cina (40%), Cile (10%) e Giappone (5%).
Quindi parliamo di un mercato gigantesco ma anche ben strutturato. Nonostante ciò, la transizione energetica imporrà uno stress notevole: Da qui al 2040, la domanda annua è attesa aumentare fino a 30-35 Mtons (IEA) - ovvero +50/75%.
A questo si aggiunge un problema qualitativo: la qualità del rame che estraiamo oggi è minore di quello di 10-20 anni fa (grafico IEA). Cosa vuol dire? Vuol dire che, per unità di rame (e ne dovremo produrne tanto), dovremmo estrarre di più, generando più scarti. Già oggi questo vuol dire che, per ottenere circa 20 Mton di rame, dobbiamo estrarre più di 2 miliardi di tonnellate (Gton) di minerali.
L'acciaio è indubbiamente uno dei materiali più importante della società moderna, ed il 98% del ferro estratto viene usato per la sua produzione. Proprio per la sua scala, però, è difficile possa costituire un collo di bottiglia per la transizione energetica. La sfida vera per l'acciaio sarà la sua decarbonizzazione (probabilmente, per difficoltà ed importanza, questa sfida viene dopo solo al cemento).
Altresì detto, l'acciaio verde (a idrogeno) è bello, ma ancora molto lontano dalla scala che ci serve. Detto ciò, rimane impressionante vedere quanto la produzione di acciaio sia dominata da un paese, la Cina - non da ultimo grazie/a causa del proprio modello di sviluppo.
Il silicio è un materiale che si trova ovunque (2nd elemento più abbondante nella crosta terrestre, dopo l'ossigeno). Oggi, viene usato nella maggioranza (>90%) dei pannelli solari. Il problema/rischio qui sta nella produzione dei pannelli, ma su questo punto chiave ci torneremo un altro giorno.
Il litio viene estratto per circa (ca.) il 90% da tre paesi - Australia (ca. 50%), Cile (ca.25%) e Cina (ca. 15%) - e viene quasi interamente processato da Cina (ca. 60%), Cile (ca. 30%) e Argentina (ca. 10%). Altresì detto: 3-4 paesi al mondo controllato l'intero mercato del litio.
Oltre a ciò, il litio è il minerale più a rischio, con una produzione cresciuta da 23 kton nel 2010 a 93 kton nel 2021 - e con una crescita attesa (da qui al 2040) tra circa le 5 e le 15 volte (IEA), che fa seguito ad una crescita già di per sé molto notevole negli ultimi anni.
Abbiamo, quindi, abbastanza litio per soddisfare questa domanda crescente? Per rispondere, all'interno dell'articolo, vengono guardati i dati del US Geological Survey (USGS), che nel 2019 censiva riserve di litio per 14 milioni di tonnellate, e risorse per 62 milioni di tonnellate.
Se fissiamo nel tempo la produzione del 2021 (ca. 90 kton) e le riserve citate sopra, avremmo litio a sufficienza per ca. 150 anni. Se, invece, assumiamo la massima produzione attesa nel 2040 (10 volte maggiore), questo numero cala a circa 15 anni. Ora, con questi numeri potrei cercare di gridare all'allarme e dire che l'uso di litio, per come lo si prospetta da qui a soli 2 decenni, semplicemente non è sostenibile.
Ma sarebbe davvero così? Per rispondere a questa domanda, nell'articolo viene visto cosa succede se guardiamo alle riserve e risorse di litio nel 2022 (ovvero dopo tre anni di consumi in più rispetto ai dati di cui sopra), fino ad arrivare al problema che in questo caso non sta nella capacità di trovare abbastanza litio, ma nella capacità di estrarne abbastanza per soddisfare una domanda che è attesa schizzare alle stelle.
In seguito a una panoramica sui diversi minerali, in cui abbiamo visto che:
1) Molti dei minerali necessari per la transizione hanno alti livelli di concentramento geografico, sia per l'estrazione, che per il raffinamento.
2) Per l'estrazione ogni minerale ha caratteristiche a sé, mentre per la raffinazione c'è un chiaro vincitore: la Cina. Questo, da una parte, ha permesso di abbassare i prezzi (cosa di cui beneficiamo tutti), ma dall'altra pone dei rischi geopolitici notevoli.
3) I rischi non sono tanto in termini di quantità assoluta, ma in termini di capacità produttiva sufficiente per soddisfare la domanda (esplosiva) attesa nei prossimi anni, il che richiede di investire (rapidamente) in (molte) nuove miniere.
Quest'ultimo punto ci porta alla domanda finale. Può essere un problema fare tutte queste nuove miniere così rapidamente? Ci sono due aspetti da considerare qui:
1) I danni ambientali e sociali che queste nuove miniere porterebbero a livello globale.
2) I danni ambientali e sociali che queste nuove miniere porterebbero a livello locale.
A livello globale, dobbiamo tenere in mente che la transizione la si fa, in primis, per ridurre fortemente (in principio quasi azzerare) l'uso di combustibili fossili. Di conseguenza, dovremo estrarre molto meno carbone (in primis), petrolio, e gas. Limitandoci al carbone, oggi si estraggono 8 miliardi di tonnellate. Con petrolio e gas si arriva a 15.
Come indicato da @HannahRitchie (dati IEA), avremmo bisogno solo di qualche decina di milioni di tonnellate di minerali per la transizione (nel 2040). Ci sono, però, dei non trascurabili però. Infatti, nonostante sia d'accordo con la discussione generale, c'è comunque un (grosso) problema dietro a questo calcolo: i minerali necessari per la transizione non vengono estratti puri.
In allegato, è possibile scaricare il pdf dell'articolo completo, che comprende anche le conclusioni.
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