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Il sistema elettrico italiano: da privato a pubblico e da pubblico a privato

Perché l'energia elettrica in Italia costa di più rispetto ad altre nazioni europee Il sistema elettrico italiano è stato sostanzialmente privato - salvo la limitata presenza di alcune aziende municipalizzate concentrate in poche grandi città - sino alla fine dell'anno 1962 e la produzione derivava, in buona parte, da grandi impianti idroelettrici che assicuravano alle società "Capogruppo elettriche" (Edison, SIP, Sade, UNES, SME, Romana Elettricità, ecc.) una rilevante "rendita idroelettrica" che consentiva la distribuzione di elevati dividendi.

Non vi era un'interconnessione delle reti a livello nazionale e molte zone, in particolare rurali, erano prive di elettricità.

L'autore di queste note, negli anni trascorsi all'Enel si è intrattenuto a lungo con il prof. ing. Arnaldo Maria Angelini - primo direttore generale e poi per lunghi anni Presidente dell'Ente - e ha appreso da Lui molte informazioni sulla genesi dell'Enel e sulle non facili scelte, non solo organizzative, per amalgamare tante società elettriche in un unico Ente nonché sull'avvio di una programmazione elettrica nazionale a medio e lungo termine atta a soddisfare con certezza la domanda nazionale.

La concentrazione di tanti operatori elettrici (circa 1200 tra grandi e piccoli), ognuno con organizzazioni, prassi impiantistiche (incluse reti a tensioni diverse) e gestionali eterogenee in un'organizzazione unitaria non è stata impresa di piccolo momento ma è stata attuata in tempi contenuti e con positivi risultati pervenendo a collocare l'Enel al terzo posto, su scala mondiale, degli operatori elettrici "universali" e dotata del sistema di controllo e regolazione della produzione e trasmissione, cioè "di rete", più avanzato con architettura concepita autonomamente e avente, da antesignani, talune funzioni di Intelligenza Artificiale.

Ma, ulteriore elemento, da non sottovalutare per l'utente elettrico, è quello che venne creato nell'Enel uno spirito di corpo e di dedizione del personale che si è sempre prodigato prontamente per la continuità del servizio elettrico, in particolare in occasione di gravi calamità e nei difficili anni del sabotaggio terroristico degli impianti, in particolare di elettrodotti in AT, senza frammentazioni di responsabilità operativa.

Il prof. Angelini è stato un grande sostenitore del nucleare e ha realizzato i rilevanti impianti idroelettrici di accumulo mediante pompaggio -per i quali l'Italia è all'avanguardia - all'epoca essenziali sia per coniugare la produzione con la domanda e sia per la riaccensione della rete in caso di blackout.

Oggigiorno costituiscono un'importante risorsa per la regolazione e sicurezza del sistema elettrico.

Relativamente alle vicende della rinuncia italiana alla produzione elettronucleare - con le connesse ripercussioni anche con riferimento al nuovo assetto del sistema elettrico in Italia - chi scrive queste considerazioni è stato l'unico, nel Consiglio dell'Enel, ad opporsi a una delibera di acquiescenza a rinunciare alle centrali nucleari nel momento di avvio della procedura referendaria a seguito dell'incidente Chernobyl.

L'estensore di questo articolo ha sempre sostenuto l'iniziativa privata in campo industriale non condividendo il ruolo, spesso egemone, dello Stato in alcuni settori ma, per contro, anche nelle sue lezioni al Politecnico di Milano, ha manifestato fermamente la necessità che il servizio elettrico, fondamentale per lo sviluppo di una nazione e per la sua rilevanza sociale, fosse gestito in una visione unitaria sotto il controllo dello Stato per un'adeguata universalità e qualità e senza fine di lucro per evitare extra costi agli utenti.

In realtà in Italia la nazionalizzazione dell'industria elettrica è stata fatta prevalentemente per ragioni politiche in occasione della nascita del primo Governo di centro sinistra, con l'On. Moro, per sottrarre alle società capo gruppo elettriche il grande potere economico e di influenza derivante dalle cospicue rendite idroelettriche dell'epoca ma, in ogni caso, ha avuto conseguenze positive per il sistema Italia.

È bene rammentare che l'"Ente" Enel aveva per "missione" il servizio elettrico nazionale senza scopo di lucro con pareggio dei bilanci.

Non si dimentichi, inoltre, l'importante attività di ricerca svolta dall'Ente con suoi specifici qualificati centri che impegnavano oltre 600 addetti, con alta professionalità, nei disparati settori: elettrico, strutturale, ambientale, nucleare, della combustione, dei materiali e delle rinnovabili, ecc.

Con l'assetto attuale è venuto meno il mandato di "servizio pubblico" per privilegiare il profitto in nome di un fantomatico vantaggio da concorrenza a favore degli utenti che non risulta ricorrere come tutti possiamo constatare.

Si dirà "eravamo obbligati per la direttiva comunitaria sulla concorrenza", ma questa poteva essere applicata diversamente e con gradualità: la Francia insegna con EdF che, nel 2023, dopo il ritiro dalla borsa, è controllata dallo Stato francese.

Non dimentichiamo che l'Enel ha creato a partire dal 1963 l'interconnessione a livello dell'intero territorio italiano delle reti di AT, con rilevanti investimenti, e ha diffuso l'alimentazione elettrica a molte zone, in particolare agricole, che ne erano prive creando una "solidarietà elettrica"tra gli italiani anche in termini tariffari.

La qualità e la sicurezza del servizio elettrico è cresciuta sino al 1992 e ha fronteggiato periodi difficili, quali le crisi petrolifere (in particolare quella del 1973) e la rinuncia al nucleare, sostenendo extra costi, mantenendo tariffe stabili o, comunque, senza repentine rilevanti variazioni (come avvenuto tra fine 2021 e 2022 a seguito della crisi "gas russo") e, quindi, smorzando o mediando, per contro, nel tempo le conseguenze dei rincari delle fonti energetiche - fossili idrocarburi - sulle attività produttive e i consumi individuali.

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La Termotecnica settembre 2025
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