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Nucleare: quel ritorno e quel consenso da ricostruire su nuove evidenze

Era il 1965 quando Mario Silvestri (1919-1994), accademico, fondatore dell'impiantistica nucleare in Italia e antesignano dell'insegnamento di energetica, pubblicava con l'editore Einaudi il suo primo volume storico, "Isonzo '17", frutto di una meticolosa indagine conoscitiva condotta con l'elevato rigore che gli era proprio (1). Una vivida ricostruzione dell'anno di svolta della Grande Guerra, cruciale e drammatico, narrata con la consueta attitudine di approfondire intensamente le analisi per chiarire e demistificare le questioni. Quella di un ingegnere prestato alla storia, che divenne la sua seconda passione per attenuare, forse, l'amarezza generata dal contrastato e poi mancato sviluppo del nucleare civile nel Paese.

Un esito che vanificava i grandi sforzi a tal fine sin lì profusi da Lui e dalla folta schiera dei suoi collaboratori e allievi, unitamente a tantialtri tecnici che miravano con ardimento nel Paese allo stesso traguardo. Diceva di aver scritto il libro per acquisire il credito con cui favorire la pubblicazione tre anni dopo, sempre con Einaudi, del successivo: "Il costo della menzogna: Italia nucleare (1945-1968)" (2).

Un resoconto di altra natura, altrettanto critico, circostanziato e documentato, delle vicende nazionali nello sfruttamento dell'energia da fissione, dal suo promettente esordio al suo declino. Uno stallo che venne sanzionato poi, definitivamente, sia pure in forma indiretta, dal referendum del 1987, dopo il disastroso incidente avvenuto a Chernobyl in Ucraina, allora facente parte dell'URSS, il 26 aprile 1986.

Rileggendo le pagine con cui Silvestri stigmatizza i retroscena della politica nucleare italiana dell'epoca e le improvvide scelte delle classi dirigenti succedutesi nel periodo, ancora sorprendono gli sconcertanti episodi e i casi di incompetenza denunciati con coraggio nella nuova fatica.

Un lavoro la cui stampa gli alienò, ovviamente, il consenso di molti notabili di quegli anni.

Una cronaca esemplare per la scrupolosa esposizione, redatta con la padronanza di un protagonista della materia, che conserva la sua attualità.

In quanto intreccia gli avvenimenti con gli erronei comportamenti di molti stakeholder, politici, industriali, scienziati, giornalisti, che sono poi ulteriormente proseguiti.

Fatti variamente condizionati da interferenze nazionali ed estere e anche dall'incapacità di far tesoro dell'esperienza. Come attesta, d'altronde, la ben nota cronaca della pianificazione energetica. Una lunga serie di decisioni e programmi rimasti in parte sulla carta, che dal '75 si estende ai giorni nostri: dai tre PEN (Piani Energetici Nazionali), alle due SEN (Strategie Energetiche Nazionali), ai due PNIEC (Piani Nazionali Integrati Energia e Clima) e agli altri programmi e impegni.

Essa dice come e perché il Paese abbia colto insufficientemente le opportunità via via presentatesi per l'incapacità di gestire il sistema, muovendo da dati oggettivi e organizzativi che erano e sono a disposizione. Visto che è del tutto evidente la carenza conoscitiva e previsionale alla base di vari provvedimenti di fondo che hanno caratterizzato il mezzo secolo che abbiamo alle spalle.

Un difetto dovuto, secondo Silvestri, a una congenita carenza di senso delle proporzioni che ha portato le classi dirigenti a introdurre soventemente nel tempo misure irragionevoli e tra loro incoerenti, così reiterando progressive sconfitte. Lo scrisse nell'altro suo famoso libro: "Caporetto. Una battaglia e un enigma", pubblicato con Mondadori nel 1984 (3).

In esso denominò questa continuata sovrapposizione di provvedimenti irrazionali "caporettismo".

Un vizio per Lui tipicamente italico, inteso come "sfasamento tra le possibilità e gli obiettivi", conseguenza di una superficialità delle analisi, "frutto di scarsa cultura, che si trasfonde principalmente nel tentativo inconscio di perpetuare l'ignoranza, trascurando l'addestramento, l'educazione e l'istruzione delle nuove generazioni".

Un valore "permanente e negativo", per Silvestri, ulteriormente aggravato "dall'inefficienza amministrativa". Moniti reiterati quattro anni dopo, nello specifico della materia che qui si tratta, nell'ulteriore suo saggio "Il futuro dell'energia", edito da Bollati Boringhieri (4).

IL PREZZO DEL RITARDO

Racconti, questi e altri, che testimoniano che gli avvisi non sono mancati e palesano un difetto che affligge malauguratamente, a quanto appare sempre più evidente, non solo l'Italia, ma l'intera Europa e il Mondo, come mostrano i drammatici avvenimenti in corso.

Avvertimenti che, se non assolvono del tutto i tecnici, consentono di prendere, però, le distanze dai deludenti esiti delle programmazioni stabilite nel tempo, stanti l'impegno e le fatiche costantemente profuse dalla categoria in vario modo e in tante circostanze, per condurli a positivi risultati.

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