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Fonti Energetiche Rinnovabili. Africa, potenziale bacino per l'Europa
A livello mondiale, fatta 100 la quota di energia primaria, che ammonta a circa 600 EJ (14.4 Gtep - 167.000 TWht), le frazioni percentuali relative alle fonti utilizzate sono rappresentate in Figura 1, che da l'immediata percezione della singola incidenza. Se ci si limita alle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), l'idroelettricità pesa per il 6,8%, l'eolico per il 3,3%, il solare per il 2,1%, la geotermia e i biocarburanti, entrambi per lo 0,7%. Analizzando la distribuzione geografica, riportata in Figura 2 (nel PDF), si può notare il forte sbilanciamento (abituale) tra il "nord" e il "sud" del globo, cioè tra i paesi sviluppati e quelli che ancora non lo sono, nonostante la generale sussistenza di condizioni potenzialmente favorevoli.
Il paradosso è assai evidente in Africa. Entità geografica immensa che, nonostante la ricchezza di materie prime e di sole, presenta non poche aree dove gli abitanti soffrono di povertà energetica. È da sottolineare che, ad ovest, quasi tocca la nostra opulenta Europa nella penisola iberica e, al centro del Mediterraneo, tende la mano proprio all'Italia, che presentandosi allungata si presta a far da ulteriore ponte ai due continenti.
Al susseguirsi delle esplorazioni geografiche, diversi furono i paesi africani a cadere sotto il giogo della colonizzazione e, solo nel secolo scorso, le favorevoli condizioni storiche permisero alle popolazioni assoggettate di liberarsene, rimanendo comunque unite ai dominatori per la cultura importata e per gli interessi economici.
Negli ultimi decenni il relativo declino europeo ha lasciato parecchia libertà di movimento alla Cina che, da potenza globale emergente, si è prontamente affacciata con una forma di nuovo imperialismo: non aggressivo ma capace d'imporsi costruendo rilevanti infrastrutture che, se da un lato, permettono al Dragone di avvantaggiarsi con il rifornimento di minerali e con insediamenti, dall'altro, favoriscono la crescita locale.
PROGETTI NEVRALGICI AFROEUROPEI
Il trasferimento da sud verso nord di grandi quantitativi di petrolio e gas non è recente ma le possibilità offerte dall'eolico e del solare, hanno rinforzato l'idea di spostare flussi "verdi" ed è da un trentennio che si avanzano proposte per concretizzarla. Ma la cosa non è semplice e tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare e non solo.
Infatti:
- alcuni tra i luoghi più adatti per trarre vantaggio dalle FER, come zone desertiche o ventose, sono remoti e privi d'infrastrutture di base, cioè di strade, ferrovie e reti di trasporto dell'energia elettrica;
- fattori climatici e topografici non sempre risultano favorevoli;
- per ottenere risultati consistenti è necessario realizzare grandi progetti che richiedono capitali non disponibili dai governi locali e che non giungono nemmeno dall'estero, perché la capacità d'investimento non è infinita e, soprattutto, per la mancanza di fiducia nella quasi totalità delle autorità e delle forme giuridiche in essere;
- c'è carenza di personale qualificato e di scuole adatte alla formazione;
- occasionalmente, non mancano resistenze culturali e politiche, essendo le FER percepite come una minaccia per le attività esistenti e per lo status quo. Oltretutto va considerato che, non raramente, i combustibili fossili ricevono sussidi governativi;
- non sono da escludere ripercussioni sociali sulle comunità del luogo in termini di occupazione, tradizioni e stili di vita e sulla proprietà della terra.
È evidente che le sfide sono molteplici e lo sfruttamento, anche solo parziale del potenziale rinnovabile, richiederà impegni a lungo termine da parte dei governi, delle comunità, delle organizzazioni internazionali e del settore privato.
Inoltre, sarà necessario elaborare linee guida per compiere programmi infrastrutturali che favoriscano la transizione con un mix sostenibile.
Nell'onda della Transizione energetica mondiale, in alcuni paesi come Egitto, Zimbabwe e Mauritania sono recentemente emersi orientamenti incentrati su vettori verdi come, ad esempio, l'idrogeno e l'ammoniaca e sui biocarburanti, delineanti una specie di "African Green Deal".
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Il paradosso è assai evidente in Africa. Entità geografica immensa che, nonostante la ricchezza di materie prime e di sole, presenta non poche aree dove gli abitanti soffrono di povertà energetica. È da sottolineare che, ad ovest, quasi tocca la nostra opulenta Europa nella penisola iberica e, al centro del Mediterraneo, tende la mano proprio all'Italia, che presentandosi allungata si presta a far da ulteriore ponte ai due continenti.
Al susseguirsi delle esplorazioni geografiche, diversi furono i paesi africani a cadere sotto il giogo della colonizzazione e, solo nel secolo scorso, le favorevoli condizioni storiche permisero alle popolazioni assoggettate di liberarsene, rimanendo comunque unite ai dominatori per la cultura importata e per gli interessi economici.
Negli ultimi decenni il relativo declino europeo ha lasciato parecchia libertà di movimento alla Cina che, da potenza globale emergente, si è prontamente affacciata con una forma di nuovo imperialismo: non aggressivo ma capace d'imporsi costruendo rilevanti infrastrutture che, se da un lato, permettono al Dragone di avvantaggiarsi con il rifornimento di minerali e con insediamenti, dall'altro, favoriscono la crescita locale.
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Il trasferimento da sud verso nord di grandi quantitativi di petrolio e gas non è recente ma le possibilità offerte dall'eolico e del solare, hanno rinforzato l'idea di spostare flussi "verdi" ed è da un trentennio che si avanzano proposte per concretizzarla. Ma la cosa non è semplice e tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare e non solo.
Infatti:
- alcuni tra i luoghi più adatti per trarre vantaggio dalle FER, come zone desertiche o ventose, sono remoti e privi d'infrastrutture di base, cioè di strade, ferrovie e reti di trasporto dell'energia elettrica;
- fattori climatici e topografici non sempre risultano favorevoli;
- per ottenere risultati consistenti è necessario realizzare grandi progetti che richiedono capitali non disponibili dai governi locali e che non giungono nemmeno dall'estero, perché la capacità d'investimento non è infinita e, soprattutto, per la mancanza di fiducia nella quasi totalità delle autorità e delle forme giuridiche in essere;
- c'è carenza di personale qualificato e di scuole adatte alla formazione;
- occasionalmente, non mancano resistenze culturali e politiche, essendo le FER percepite come una minaccia per le attività esistenti e per lo status quo. Oltretutto va considerato che, non raramente, i combustibili fossili ricevono sussidi governativi;
- non sono da escludere ripercussioni sociali sulle comunità del luogo in termini di occupazione, tradizioni e stili di vita e sulla proprietà della terra.
È evidente che le sfide sono molteplici e lo sfruttamento, anche solo parziale del potenziale rinnovabile, richiederà impegni a lungo termine da parte dei governi, delle comunità, delle organizzazioni internazionali e del settore privato.
Inoltre, sarà necessario elaborare linee guida per compiere programmi infrastrutturali che favoriscano la transizione con un mix sostenibile.
Nell'onda della Transizione energetica mondiale, in alcuni paesi come Egitto, Zimbabwe e Mauritania sono recentemente emersi orientamenti incentrati su vettori verdi come, ad esempio, l'idrogeno e l'ammoniaca e sui biocarburanti, delineanti una specie di "African Green Deal".
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