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Quanto più si avanza con la decarbonizzazione, tanto più conveniente diviene produrre idrogeno sostenibile
L'idrogeno, l'elemento chimico più leggero, è oggi considerato uno degli strumenti più importanti per la
transizione energetica. In realtà, gli usi industriali dell'idrogeno sono una realtà consolidata, con origine a
inizio '900, anche se limitata a pochi e specifici settori.
A livello italiano, il consumo annuo di idrogeno è di circa 500 000 tonnellate, prodotte quasi esclusivamente mediante il reforming del gas naturale, con significative emissioni di anidride carbonica (8 ÷ 10 kg di CO2 per kg di idrogeno prodotto).
La maggior parte dell'idrogeno prodotto viene utilizzato nella raffinazione del petrolio, il resto nella produzione di fertilizzanti.
Questa situazione rispecchia abbastanza fedelmente quella mondiale; ovviamente su scala globale il consumo è di due ordini di grandezza superiore (circa 100 Mt/anno).
Nelle strategie energetiche di numerosi Paesi, l'idrogeno sta assumendo un significato assai diverso e, in prospettiva, un ruolo molto più rilevante. Questo ruolo è riconducibile a tre considerazioni:
- La transizione verso un'economia a bassissime emissioni di gas serra difficilmente potrà realizzarsi solo mediante il vettore elettrico: in alcuni settori (trasporti a lunga distanza, industria siderurgica, ecc.) i combustibili fossili possono essere più convenientemente sostituiti da "molecole" con proprietà chimiche simili, purchè il loro utilizzo non generi significative emissioni di gas climalteranti
- La produzione di idrogeno non implica necessariamente forti emissioni di CO2, come avviene nei processi attuali: esistono diverse alternative a basse emissioni, fra cui l'elettrolisi da energia elettrica rinnovabile, processi termochimici alimentati da biomasse, utilizzo di fonti fossili seguito dalla cattura e dallo stoccaggio permanente del carbonio
- L'incremento di produzione elettrica da fonti rinnovabili intermittenti creerà condizioni di temporaneo eccesso di produzione, che corrisponderanno a energia offerta a prezzi bassi, potenzialmente negativi, creando le condizioni per produrre idrogeno a costi accettabili.
Questi elementi aiutano a comprendere perché in passato il vettore idrogeno, già oggetto di attenzione da parte degli studiosi e dei decisori, non sia decollato, e perché in futuro le sue prospettive siano ben più concrete: la transizione verso l'auspicata condizione di emissioni nulle da un lato crea la necessità di nuovi combustibili ottenuti da fonti rinnovabili, mdall'altro rende disponibile abbondante energia elettrica a basso costo per la produzione di idrogeno.
Quanto più si avanza con la decarbonizzazione, tanto più conveniente diviene produrre idrogeno sostenibile.
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transizione energetica. In realtà, gli usi industriali dell'idrogeno sono una realtà consolidata, con origine a
inizio '900, anche se limitata a pochi e specifici settori.
A livello italiano, il consumo annuo di idrogeno è di circa 500 000 tonnellate, prodotte quasi esclusivamente mediante il reforming del gas naturale, con significative emissioni di anidride carbonica (8 ÷ 10 kg di CO2 per kg di idrogeno prodotto).
La maggior parte dell'idrogeno prodotto viene utilizzato nella raffinazione del petrolio, il resto nella produzione di fertilizzanti.
Questa situazione rispecchia abbastanza fedelmente quella mondiale; ovviamente su scala globale il consumo è di due ordini di grandezza superiore (circa 100 Mt/anno).
Nelle strategie energetiche di numerosi Paesi, l'idrogeno sta assumendo un significato assai diverso e, in prospettiva, un ruolo molto più rilevante. Questo ruolo è riconducibile a tre considerazioni:
- La transizione verso un'economia a bassissime emissioni di gas serra difficilmente potrà realizzarsi solo mediante il vettore elettrico: in alcuni settori (trasporti a lunga distanza, industria siderurgica, ecc.) i combustibili fossili possono essere più convenientemente sostituiti da "molecole" con proprietà chimiche simili, purchè il loro utilizzo non generi significative emissioni di gas climalteranti
- La produzione di idrogeno non implica necessariamente forti emissioni di CO2, come avviene nei processi attuali: esistono diverse alternative a basse emissioni, fra cui l'elettrolisi da energia elettrica rinnovabile, processi termochimici alimentati da biomasse, utilizzo di fonti fossili seguito dalla cattura e dallo stoccaggio permanente del carbonio
- L'incremento di produzione elettrica da fonti rinnovabili intermittenti creerà condizioni di temporaneo eccesso di produzione, che corrisponderanno a energia offerta a prezzi bassi, potenzialmente negativi, creando le condizioni per produrre idrogeno a costi accettabili.
Questi elementi aiutano a comprendere perché in passato il vettore idrogeno, già oggetto di attenzione da parte degli studiosi e dei decisori, non sia decollato, e perché in futuro le sue prospettive siano ben più concrete: la transizione verso l'auspicata condizione di emissioni nulle da un lato crea la necessità di nuovi combustibili ottenuti da fonti rinnovabili, mdall'altro rende disponibile abbondante energia elettrica a basso costo per la produzione di idrogeno.
Quanto più si avanza con la decarbonizzazione, tanto più conveniente diviene produrre idrogeno sostenibile.
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Luigi Mazzocchi - ATI Sezione Lombardia
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